Baratti&MilanoIl cioccolato è quella strana cosa su cui è stato già detto tutto, ma su cui  in realtà si potrebbe non dire nulla. Il cioccolato parla da sè e non ha bisogno di alcuna presentazione. Basta assaggiarlo… e sicuramente almeno una, tra le sue cinquanta e più sfumature di fondente, incontrerà il vostro gradimento e saprà conquistarvi.

Sembra che i Maya siano stati i primi scopritori e coltivatori del cacao. Presso la loro civiltà, come anche quella atzeca, le fave di cacao ebbero una grande importanza come alimento, come medicinale e per la sua valenza rituale. I semi erano considerati così preziosi da essere usati come moneta di scambio, e non posso fare a meno di immaginare come sarebbe “diabeticamente” bello usare anche oggi monete di cioccolato per fare la spesa o prelevare gianduiotti al bancomat.

Il nome “cioccolato” deriva dal nome del dio Quetzalcoatl, ritenuto il fondatore della stirpe precolombiana, che avrebbe fatto dono agli uomini della preziosa pianta. Un regalo degli dei, quindi. Perfino uno scienziato serio e preciso come Linneo, che nel 1753 aveva classificato tutte le piante allora conosciute con un rigoroso nome latino, per la pianta del cacao inventò un nome decisamente più romantico: theobrama, che significa appunto “cibo degli dei”.

Certo non tutti sono stati così lungimiranti nel comprendere la ricchezza di questo straordinario alimento: Cristoforo Colombo, ad esempio, rimase indifferente alla scoperta del cacao (ah, se solo avesse saputo che glasse cioccolatose, secoli dopo, avrebbe realizzato il Boss delle Torte nel continente da lui “scoperto”!) Fu invece il conquistador Herman Cortès a introdurlo nel 1528 in Spagna e da quel momento ebbe inizio la storia della cioccolata in Europa, di cui il Piemonte divenne ben presto protagonista.

Già, perché a prestare servizio militare per Carlo V in Spagna proprio in quegli anni c’era anche il nostro duca Emanuele Filiberto di Savoia, che può essere ricordato non solo per le sue importanti gesta militari e politiche, ma anche per essere stato colui che nel nella seconda metà del Cinquecento introdusse a Torino il cacao. E così ancora oggi se ne sta sul suo bel “caval d ‘brons” ad ammirare soddisfatto i banchetti di Cioccolatò in Piazza San Carlo, che attirano ogni anno golosi di tutte le età.

Tra i Savoia e il cioccolato è stato amore a prima vista, anzi, al primo assaggio. Fu la Madama Reale Maria Giovanna Battista a concedere “volentieri” – così si legge nel documento dell’epoca – al cioccolataio Gio Antonio Ari il privilegio di vendere per primo la cioccolata a Torino nel 1678. E pare che lui per sdebitarsi abbia inventato in suo onore i Diablotin, gli antenati dei cioccolatini a forma di pastiglia. Fu solo la prima di una lunga serie di galupperie (leggasi “cose molto buone” in piemontese) dovute all’estro dei maestri cioccolatai sabaudi: dall’invenzione del re dei cioccolatini, il gianduiotto, a metà dell’800  ad opera di Michel Prochet, fino agli abbinamenti di cacao e altri misteriosi ingredienti nelle originali sperimentazioni di Guido Gobino dei nostri giorni, giusto per citare uno dei tanti e meritatamente famosi artisti del cioccolato attivi in città.

C’è poi chi da sempre preferisce “la cioccolata”, ovvero la versione liquida che scalda gola e animo degli avventori che, fin dal Settecento, frequentano i tanti caffè storici di Torino. Come l’antica confetteria Baratti & Milano, che con i suoi arredi di gusto liberty, la luce soffusa dei grandi lampadari, gli stucchi dorati che si riflettono nelle specchiere, permette di sorseggiare una fumante tazza di cioccolata – obbligatoriamente con panna – in un’atmosfera d’altri tempi. O ancora il Bicerin, che non solo è il nome di uno dei locali storici più antichi e affascinanti di Torino, ma anche di una vera prelibatezza, che tutti dovrebbero gustare almeno una volta nella vita: caffè leggermente ristretto, con un’aggiunta in uguale quantità di cioccolata calda e un tocco di crema di latte o panna, servito da tradizione in appositi bicchierini dalla forma slanciata (se no, non è un autentico Bicerin, ma una taroccatura per turisti!). Riconosciuto ufficialmente nel 2001 come “bevanda tradizionale piemontese”, già il Conte di Cavour, Alexandre Dumas e Ernest Hemingwey ne andavano ghiotti; ma d’altronde chi oserebbe affermare con convinzione di non amare la cioccolata? Perchè si sa «nove persone su dieci amano la cioccolata. Ma la decima mente»! (John Tullius)

Stefania Bonino

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