Dopo una lunghissima attesa, il celeberrimo Papiro di Artemidoro ha finalmente trovato il suo posto all’interno del Museo Archeologico di Torino, in una struttura espositiva articolata in ambienti appositamente studiati al fine di esaltarne la fruizione. Grazie alla fondamentale collaborazione tra la Compagnia di San Paolo, che ne ha concesso il comodato d’uso, e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, il papiro può essere ammirato anche dal grande pubblico.
Un’attesa che è valsa la pena, perché ora il prezioso reperto è custodito in una teca, vero gioiello di ingegneria, all’interno di un allestimento sofisticato e multimediale, ribattezzato “l’astronave” dal suo stesso progettista, l’architetto Diego Giachello.
Come un moderno Indiana Jones, il visitatore è infatti accompagnato dentro uno spazio suggestivo, che lo prepara – sia culturalmente che emotivamente – allo straordinario incontro con il Papiro di Artemidoro. Grazie a un interessante video introduttivo e a una serie di pannelli esplicativi, anche i meno esperti possono comprendere e decifrare facilmente questo misterioso reperto, oltre che avvicinarsi alla vivace cultura che caratterizzava Alessandria d’Egitto intorno al I secolo a.C.
Dopo questa utile preparazione, si accede a una sala buia e suggestiva, dedicata esclusivamente all’esposizione di questo eccezionale documento del mondo antico, costituito da frammenti di varie dimensioni, per una lunghezza di circa 2,5 metri. Sul recto sono presenti i resti di cinque colonne di testo in greco e di una carta geografica. Si tratta del proemio di un autore ignoto e di un testo geografico dedicato alla descrizione di una parte della penisola iberica, identificato con una porzione dell’opera di Artemidoro di Efeso, vissuto tra il II e il I secolo a.C.: la Ta Geographoumena o Geographia, un trattato in undici libri, particolarmente noto nell’antichità.
Sul verso sono rappresentati oltre quaranta disegni di animali, reali e immaginari, eseguiti nel corso del I secolo d.C., quando il rotolo fu ‘riciclato’ in una bottega di artisti quale repertorio di modelli per affreschi o mosaici. Oltre a questi sono riconoscibili più disegni di teste che ricordano sculture, insieme a schizzi di piedi e mani in posizioni diverse, probabilmente esercizi degli apprendisti di bottega.
Il papiro di Artemidoro è ancora oggi avvolto in un manto di mistero ed è stato al centro di un vivace – a volte al limite delle pacatezza scientifica – e intenso dibattito sull’autenticità. Se gli studiosi sono in genere concordi nel datare il supporto di papiro a un periodo tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C, numerosi dubbi suscita l’originalità dei testi e dei disegni presenti sul verso. Mentre alcuni sostengono che questi siano coevi al papiro stesso e realizzati nel I secolo d.C., altri vi scorgono una contraffazione del XIX e XX secolo, probabilmente del temuto falsario Costantino Simonidis. Come spiegato dalla curatrice dell’allestimento, la dottoressa Pantò, non si può stabilire con certezza se si tratta di un originale o di un falso, e tanto meno questa vuole presentarsi come l’occasione per risolvere l’enigma. Partendo da questo presupposto, l’allestimento è stato ideao al fine di restituire contenuti chiari e completi caratterizzati da imparzialità, presentando il papiro attraverso un linguaggio efficace e immediato, comprensibile da tutti. Lo si può indagare scientificamente, o guardare come un’opera del passato, qualsiasi sia l’epoca reale della sua realizzazione, o ancora ammirarne i disegni fantasiosi degli animali con gli occhi dei bambini. Un consiglio però vale per tutti: lasciatevi alle spalle tutti i dibattiti e dubbi sulla presunta originalità, entrate in questo affascinante antro e godetevi l’aurea di mistero. Il papiro farà tutto il resto…
Elena Settimini
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