Non la Reggia di Caserta, né la Galleria Borghese ma è la Venaria Reale a essersi guadagnata nel 2013 il titolo di “Reggia più visitata d’Italia”, battendo con i suoi quasi 600 mila visitatori annui altre centinaia di luoghi d’arte italiani e piazzandosi al settimo posto nella classifica dei musei italiani più frequentati, in un trend in continua crescita destinato, con ogni probabilità, a portare la Venaria ai vertici della competizione anche per il 2014. Il risultato eccezionale però può sorprendere solo chi non ha mai avuto modo di visitare lo splendido palazzo – dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco – che non può che affascinare il visitatore con i suoi giochi di stucchi, affreschi e giardini.
Le vicende architettoniche della reggia coprono più di 100 anni, e prendono avvio alla metà del Seicento con il duca Carlo Emanuele II, che affida il progetto ad Amedeo di Castellamonte, incaricandolo di creare una residenza “venatoria” e di divertimenti dove potersi dedicare alla caccia, passione che per secoli ha caratterizzato la dinastia sabauda, e che potesse essere inserita nella “Corona delle delizie”, ovvero il circuito delle residenze extraurbane edificate dalla famiglia tra Sei e Settecento. Del progetto dell’architetto di corte, tuttavia, oggi non è possibile ammirare nient’altro che il Castelvecchio e la Torre dell’Orologio, che delimitano il cortile d’onore: ampliata nei decenni successivi, infatti, la reggia vede l’intervento di diversi architetti che ne modificano la struttura e l’aspetto interno, adeguandosi di volta in volta al gusto imperante presso la casa reale. La realizzazione a più mani del complesso è ben visibile ad esempio nella facciata della Reggia di Diana, nucleo centrale della residenza, in parte progettata da Michelangelo Garove e in parte riplasmata da Filippo Juvarra, architetto che a partire dal 1716 interviene sul progetto precedente. È proprio a quest’ultimo artista che si deve la realizzazione della cappella di Sant’Uberto, della Citroniera, della Scuderia e della spettacolare Galleria Grande, meglio conosciuta come Galleria di Diana: capolavoro dell’architetto messinese, la sala è resa luminosissima grazie alla sapiente disposizione delle ampie finestre laterali, che esaltano magistralmente gli 80 metri di marmo e di bianchissimi stucchi.
La Galleria è tuttavia solo uno dei tanti ambienti affascinanti della Reggia: basta passeggiare per le sale per rendersi conto che tanti tra i più importanti artisti del Sei-Settecento piemontese hanno contribuito decorazione del palazzo. Attraversando le stanze della Reggia di Diana è Jean Miel che la fa da padrone, decorando nel 1663 le pareti del salone d’onore con scene di caccia e allegorie che esaltano la famiglia reale: vista la funzione ludica della residenza, il tono delle rappresentazioni è meno ufficiale di Palazzo Reale e l’artista, anziché il legno intagliato e dorato, preferisce usare affreschi e stucchi, stupendo ancora oggi il visitatore con la sua Diana incoronata da Giove quale dea di tutte le cacce.
Proseguendo nella visita, si può notare come, con il nuovo secolo, alla pittura si preferisca lo stucco: ecco allora, nel Padiglione del Garove, Pietro Somasso e la sua scuola di artisti luganesi che a partire dal 1703 con vasi, fiori, conchiglie e motivi vegetali decorano i soffitti e le pareti delle stanze che collegano il corpo castellamontiano a quello juvarriano.
E se gli stucchi, gli affreschi, i dipinti e i vari arredi non bastassero, per gli amanti della scultura c’è la cappella di Sant’Uberto dove l’altare in marmo di Baratta vale da solo vale la visita alla Reggia: angeli e cherubini in un turbinio di nubi sorreggono un ciborio a forma di tempietto, attorniati da tele dei più grandi artisti del tempo come Francesco Trevisani e Sebastiano Ricci, chiamati a lavorare a Torino dallo stesso Juvarra.
Con la bella stagione, la visita non può non comprendere anche gli spettacolari giardini: anch’essi più volte modificati secondo le mode del tempo, sono passati da essere carichi di sculture, architetture e bassorilievi, secondo il gusto del “giardino all’italiana”, alle aiuole geometriche e ai grandi viali che si perdono verso l’orizzonte, secondo la moda francese, al completo abbandono, iniziato già alla fine ‘700 con l’arrivo di Napoleone. Mine, smantellamenti e livellamenti trasformarono l’affascinante parco in una piazza d’armi, utilizzata per le esercitazioni dei soldati d’artiglieria che si erano stabiliti nella Reggia, diventata una vera e propria caserma.
Dopo decenni di abbandono e incuria, con i restauri avviati a partire dal 1998, fortunatamente, gran parte dei terrapieni, delle aiuole e dei filari sono stati recuperati con grande attenzione filologica, cercando di riprodurre con esattezza l’aspetto che il parco aveva agli occhi di un visitatore del XVIII secolo. I parterre, i boschetti, il giardino delle pergole e le peschiere non sono però realtà cristallizzate in un lontano passato, ma sono rese attuali e vive dalle undici opere e installazioni di Giuseppe Penone, artista dell’arte povera da sempre interessato alle interazioni tra uomo e natura.
Non da ultimo la Venaria ospita numerose esposizioni temporanee che si alternano durante il corso dell’anno al percorso di visita permanente Teatro di storia e magnificenza, dedicato alla dinastia sabauda. Imperdibile poi, l’allestimento della Scuderia juvarriana con il celebre Bucintoro e le carrozze regali dei Savoia.
Che si amino gli stucchi del settecento, le grandi architetture, la storia piemontese, la botanica o la scultura contemporanea, non è possibile non rimanere rapiti da questa spettacolare Reggia!
Ce n’è davvero per tutti i gusti…una vera “delizia”!
Sara Vescovo