Chi, tra turisti e visitatori locali, può dire di non essersi recato al Palazzo dell’Accademia delle Scienze con l’intenzione di acquistare un biglietto per il Museo Egizio e, tramite l’agevolazione “obbligata” di un biglietto cumulativo, essersi trovato di colpo a percorrere i corridoi deserti di una poco nota pinacoteca torinese, la Galleria Sabauda?
Questo è quanto accadeva almeno fino a sei anni fa quando la regia pinacoteca, istituita nel 1832 da Carlo Alberto per offrire “al pubblico godimento” la sua collezione di opere d’arte, era ubicata da ormai centocinquant’anni al secondo piano dell’ex Collegio dei Nobili. Si trattava in realtà della seconda sede destinata al museo, da che, inizialmente sito al piano nobile di Palazzo Madama, Massimo d’Azeglio, fratello del primo direttore Roberto e nuovo successore in carica, nel 1864 ne aveva vivamente sollecitato il trasferimento: egli, infatti, lamentava il difficile stato conservativo in cui versavano le opere in seguito all’insediamento del Senato italiano nei medesimi locali in cui quelle erano esposte.
Oggi la Galleria Sabauda, in parte frutto del collezionismo sabaudo, a partire dal gusto manierista del duca Emanuele Filiberto sino ai moderni orientamenti del Re di Sardegna, Carlo Emanuele III, e in parte esito delle acquisizioni operate nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento dai sovrintendenti che la ebbero in gestione, torna a prendere posto presso gli storici locali della residenza centrale dei Savoia e intende proporsi agli occhi di un pubblico nazionale ed internazionale, come un elegante museo moderno, in linea con gli intendimenti della museologia contemporanea.
La Galleria è stata così allestita presso la cosiddetta Manica Nuova del Palazzo Reale dei Savoia, un’ala di prolungamento verso nord edificata alla fine del XIX secolo dall’architetto Emilio Stramucci. Le circa cinquecento opere esposte, tra cui, per rammentare solo qualcuno dei grandi capolavori presenti, occorre ricordare Le stigmate di San Francesco di Jan van Eyck, la serie delle Cene di Paolo Veronese o gli aristocratici ritratti di Antoon van Dyck, sono collocate su quattro piani per una superficie complessiva di circa 8000 mq.
Forte dell’orientamento moderno assunto, il museo prevede inoltre una serie di postazioni multimediali, dislocate ciascuna per piano, che permettono al visitatore più puntiglioso di visionare comodamente le opere esposte sui diversi livelli in versione digitalizzata, con una descrizione più estesa circa la tecnica e la storia. All’ultimo piano, infine, è stato allestito un laboratorio di restauro, servizio che in parte ricalca quello già concepito nel programma di riordino post-bellico della Galleria messo a punto negli anni cinquanta dall’allora direttrice Noemi Gabrielli. Sempre all’ultimo piano trova spazio il deposito del museo e infine la preziosa sezione Gualino, frutto del lascito del celebre industriale Riccardo Gualino, il quale nel 1930 decise di donare una parte consistente della sua collezione, comprendente opere d’arte applicata (oreficerie e esempi antichi di arte decorativa), dipinti (tra cui una splendida Madonna in trono di Duccio di Buoninsegna e la Venere di Sandro Botticelli), sculture orientali e altri rari tesori, esposta in un convincente dialogo con alcune prove pittoriche di arte contemporanea del Gruppo dei Sei di Torino, tra cui figurano dipinti di Luigi Spazzapan e Luigi Chessa.
Il trasferimento della Galleria Sabauda dal Palazzo dell’Accademia all’attuale sede, inaugurata lo scorso 4 dicembre 2014 nella sua veste ampliata (una parte della collezione era già esposta dalla scorsa primavera 2012), si pone dunque a completamento di un ambizioso e laborioso progetto di accentramento degli snodi fondamentali del collezionismo sabaudo, avviato almeno dieci anni fa e confluito nell’odierno polo dei Musei Reali di Torino, il quale, oltre alla Galleria stessa, comprende il Palazzo Reale e i suoi Giardini, la Biblioteca Reale, l’Armeria Reale, il Museo Archeologico e la rinnovata area espositiva di Palazzo Chiablese.
Dall’originale suddivisione delle opere del museo per fasi collezionistiche, con uno sguardo privilegiato sulla pittura piemontese dal XIV al XIX secolo, si è passati a una lineare scansione cronologica, un sistema forse meno originale, ma più accessibile alla ricezione del grande pubblico.
Non occorre aggiungere altro per stuzzicare la curiosità se non che non si può parlare di una visita alla Nuova Galleria Sabauda come di un’esperienza esclusivamente turistica o culturale, al contrario, si tratta innanzitutto di un’esperienza dell’anima: l’atmosfera distensiva che si respira, la luce filtrata dagli alti finestroni e riflessa dal bianco splendente degli stucchi tardo-ottocenteschi, gli ampi corridoi intervallati da aree “relax” e muniti di comodissime poltroncine rosse sono le novità che offrono riposo al cuore e alla mente dei suoi ospiti, mentre la bellezza li circonda.
Giusi Giamportone
Per visitare la Galleria Sabauda insieme a una delle preparatissime guide e storiche dell’arte di Brigata Cultura, iscriviti alla nostra newsletter!