Castello-di-Lagnasco

Non lontano da Saluzzo, in una zona agricola generosa all’estremità occidentale della pianura padana, incorniciata dai massicci dell’arco alpino – primo fra tutti con il suo inconfondibile  profilo, il Monviso – si erge il Castello di Lagnasco.

Più corretto usare il plurale, perché i Castelli dei Marchesi Tapparelli D’Azeglio di Lagnasco si presentano come un complesso di tre diversi edifici sorti sul finire dell’XI secolo e sviluppatisi fino al XVIII. Furono i Marchesi di Busca a daro inizio, intorno al 1100, alla costruzione di un fortilizio difensivo, notevolemente rimaneggiato nei secoli successivi, in particolare nel corso del Cinquecento, ad opera della famiglia Tapparelli che ne fece la sua dimora ufficiale.

Si presenta con un impianto a corte aperta, difeso ai lati da poderose torri quadrate, unite da maniche di collegamento. Una dimora medievale che verso la fine del XVI secolo si trasformò in un’elegante e raffinata residenza rinascimentale, grazie alla committenza di Benedetto I Tapparelli, uomo colto e raffinato, giudice a Saluzzo durante il regno di Francesco I re di Francia.

A testimonianza di quel periodo di splendore rimangono alcuni ambienti affrescati di rara bellezza, come il sontuoso Salone degli Scudi, con la sua raccolta araldica d’eccezione; o la raffinata Loggetta delle Grottesche, frutto della fantasia del sorprendente pittore Pietro Dolce, artefice di creature immaginarie, stupende e mostruose, dall’evidente ispirazione nordica; o ancora, le pareti della Sala della Giustizia, impreziosite da affreschi dedicati al tema della giustizia. Nel Castello di Ponente trionfa poi la cultura umanistica e filosofica tipica del principe intellettuale del Cinquecento, con decori di derivazione classicista perfino nelle cantine, preziosamente affrescate con temi inneggianti il vino, ripresi poi ai piani superiori con riferimenti al culto pagano dei baccanali dedicati a Dioniso.

Così, una sala dopo l’altra, lo spettacolo di quel periodo lontano svela i suoi colori e il suo immaginario attraverso i preziosi affreschi, e il visitatore rimane stupito da tanta varietà, fantasia e bellezza racchiuse tra le vecchie mura del Castello.

Sul finire del XIX secolo Emanuele D’Azeglio Tapparelli, ultimo discendente della signoria, riportò sotto il suo controllo l’intero complesso negli anni condiviso con altre famiglie nobili. Alla sua morte, avvenuta nel 1890, i Castelli e le terre annesse vennero messi a disposizione della comunità.

Nel 1998 hanno inizio finalmente i lavori di riqualificazione, che hanno messo in luce l’evoluzione artistica e architettonica plurisecolare di questo vero e proprio scrigno di meraviglie.

Il nome di Lagnasco trae la sua origine dal latino lignascum, usato per indicare un luogo coperto da selve, e rimane oggi a memoria dei vasti boschi che sino XI secolo ricoprivano questa zona. Lo stretto legame con l’ambiente naturale circostante è evidente ancora oggi e rappresenta il valore aggiunto di questo sito straordinario.

Basta soffermarsi ad ammirare il Castello-di-LagnascoGiardino delle Essenze, da poco inaugurato vicino alla manica di ponente: uno spazio verde ispirato al modello rinascimentale, testimoniato dagli stessi apparati pittorici del maniero.

Il progetto è stato realizzato dall’Associazione Conservare per Innovare – CXI, in collaborazione con l’Associazione Terre di Savoia per arricchire ancor più il patrimonio culturale e turistico di Lagnasco; e aggiunge un nuovo prezioso tassello nel percorso “Essenza del Territorio, una rete delle vie sabaude dei profumi e dei sapori”, insieme alla ricostruzione dell’Orto romano presso il Polo Archeologico di Bene Vagienna e al Giardino delle peonie del Castello di Racconigi. Insomma, una rete di beni culturali e paesaggistici accomunati da un forte e significativo legame con il territorio piemontese.

Qui a Lagnasco, in particolare, la coltivazione di erbe aromatiche, piante officinali e colture orto-frutticole ripropone il tema del giardino con scopi produttivi, che ha caratterizzato la vita del Castello soprattutto in periodo rinascimentale.

Visitare un luogo come questo, passeggiare nelle sale silenziose o tra i vialetti del giardino, ammirare le possenti torri o osservare un delicato decoro, significa immergersi in un tempo lontano, scoprirne i colori e i profumi e lasciarsi meravigliare ancora una volta da quanto incredibile sia il patrimonio culturale del nostro territorio.

Stefania Bonino